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Castelvetro 5 stelle e' arrivato in parlamento - Interrogazione nr. 2

Delega: lo abbiamo chiesto al Ministro

È compatibile con un sistema democratico avanzato non avere i dovuti sistemi di controllo in materia di rifiuti .

Questo in sintesi il nocciolo della domanda, che tradotto brevemente significa se è compatibile che il gestore delegato apra e chiuda la scheda ORSO validandosela come è avvenuto fino al 1 Agosto 2016 , con i Comuni spesso tenuti all’oscuro di tutto , con PEF presentati pochi giorni prima del 30 Aprile di ogni anno , per l’approvazione di un bilancio preventivo , di cui il consigliere comunale di minoranza che deve esercitare verifica e controllo al fine di bilanciare il potere democratico , verrà a conoscenza dei dati 15 mesi dopo, dal 1 Luglio dell’anno successivo, ma che con alzata di mano accetta immediatamente la rateizzazione del compenso per il gestore, che è anche smaltitore , valutandolo su un foglio excell di due pagine ( vedi sentenza TAR allegata).

La delega formalizzata solo dal 1 agosto , il compilatore Comune che di fatto non compila , ma compila sempre il gestore , la password secretata , l’accesso che può avvenire solo facendosi assistere dal funzionario comunale , esclusivamente se si ricopre il ruolo di consigliere, non certo per un cittadino qualunque , e stiamo parlando di rifiuti , non di centrali nucleari , l’apertura e chiusura dei dati in mano al gestore , il controllo regionale , la veridicità dei dati inseriti, dal 1 agosto di responsabilità del referente comunale, ma prima del gestore , insomma tutta l’impalcatura che faceva acqua da tutte le parti, ora è oggetto di interrogazione depositata all’attenzione del Ministro.

Resteremo in fiduciosa attesa , ma siamo entrati appieno dentro il sistema rifiuti nel rapporto tra gli attori di questa filiera, che tanti miliardi muove , fotografando un sistema di controllo , che di controllo non ci pare abbia nulla, lo dimostra il fatto che sono stati avvallati e approvati tutti i livelli di assimilazione di rifiuti industriali nonostante i regolamenti comunali lo vietassero senza che nessun controllore si accorgesse di questo o modificasse i dati , fornendo dati di virtuosismo inesistente da inserire in quell'allegato A della 2317 ora abrogata dal 1 Agosto, al fine di pitturare la facciata della casa ,quando dentro i topi ballano, unico Comune che non ha inserito gli assimilati in Emilia Romagna, PARMA .



Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-16833

presentato da

ZOLEZZI Alberto

testo di

Martedì 6 giugno 2017, seduta n. 809

  ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere –

premesso che: il Tar della Puglia, con sentenza del 3 marzo 2016, ha stabilito che «l'approvazione del piano finanziario – ivi incluso il piano tariffario — non può essere oggetto di acritico recepimento da parte dell'organo assembleare del Comune. Il Consiglio Comunale è chiamato, pertanto, a delineare le coordinate programmatiche della fiscalità locale, della quale la TARI costituisce parte preponderante, sulla base di una adeguata ponderazione di elementi valutativi la cui disamina non può essere devoluta in toto al gestore del servizio (di igiene urbana, n.d.r.), pur essendo questo in possesso di cognizioni tecniche», affermando dunque una volta di più non solo il dovere civile, ma l'obbligo legale di esercitare un controllo effettivo sull'operato del gestore del servizio di igiene urbana; il recente decreto ministeriale 22 dicembre 2016 sul piano nazionale delle ispezioni negli stabilimenti, intermediari e commercianti, spedizioni di rifiuti e relativo recupero o smaltimento non comprende alcuna forma di controllo sistematico sull'operato quotidiano dei gestori affidatari del servizio di igiene urbana (ad esempio, rispetto del contratto di servizio, controllo sulle pesate, sul numero di viaggi effettuati dai mezzi, sulle ore di presenza del personale e altro) che, a parere degli interroganti, dovrebbe essere compito dei comuni; alle Agenzie regionali per la protezione ambientale e al Corpo forestale spetta solo il compito di effettuare controlli sporadici su specifiche e circoscritte questioni riguardanti i rifiuti, ma non quello di vigilare costantemente su un determinato gestore; l'assenza di criteri di controllo sull'operato dei gestori del servizio di igiene urbana oggettivi e uniformi su tutto il territorio nazionale ha comportato e sta tuttora comportando una serie di storture nella contabilità dei rifiuti, fra cui una percentuale non veritiera di raccolta differenziata ed una produzione abnorme di rifiuti urbani a scapito dei rifiuti speciali, il cui dato risulterebbe di conseguenza sottostimato nelle regioni a più alto grado di assimilazione: a titolo esemplificativo, si cita il caso dell'Emilia Romagna, dove il calcolo dei dati di produzione dei rifiuti, raccolta, avvio a riciclaggio, smaltimento è interamente delegato ai gestori dei rifiuti, senza che, ad avviso degli interroganti, da parte dei comuni vi sia una adeguata forma di verifica dei dati o di controllo sull'operato del gestore –: se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto e intenda promuovere, per quanto di competenza, iniziative per la definizione di criteri di controllo sull'operato dei gestori affidatari del servizio di igiene urbana da parte della pubblica amministrazione e nell'interesse dei cittadini e dell'ambiente. (4-16833)


Sentenza 04/01/2017, n. 1 - T.A.R. Lazio - Latina - Sez. I Delibere Tari - Contenuti dettagliati .

T.A.R. Lazio, Latina, Sezione Prima, Sentenza 4 gennaio 2017, n. 1 FATTO Espongono i ricorrenti di essere residenti nel comune di Gaeta e di essere pertanto contribuenti T.A.R.I. Con il ricorso all’esame essi impugnano le delibere indicate in epigrafe con cui il comune ha approvato rispettivamente il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti e le relative tariffe. In estrema sintesi i ricorrenti denunciano che la prima delibera è illegittima per violazione degli articoli 1, comma 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e dell’articolo 8 D.P.R. 17 aprile 1999, n. 158 e che il vizio della prima delibera determina l’invalidità per illegittimità derivata della seconda. In pratica i ricorrenti denunciano che il piano approvato non soddisfa in ordine ai suoi contenuti le prescrizioni dell’articolo 8 citato. Il comune di Gaeta resiste al ricorso. DIRITTO Il ricorso è fondato. Il citato articolo 8 D.P.R. n. 158 del 1999, infatti, prescrive al comma 2 che il piano finanziario debba comprendere “a) il programma degli interventi necessari; b) il piano finanziario degli investimenti; c) la specifica dei beni, delle strutture e dei servizi disponibili, nonché il ricorso eventuale all'utilizzo di beni e strutture di terzi, o all'affidamento di servizi a terzi; d) le risorse finanziarie necessarie; e) relativamente alla fase transitoria, il grado attuale di copertura dei costi afferenti alla tariffa rispetto alla preesistente tassa sui rifiuti”; il comma 3 aggiunge che al piano debba essere allegata una relazione “nella quale sono indicati: a) il modello gestionale ed organizzativo; b) i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa; c) la ricognizione degli impianti esistenti; d) con riferimento al piano dell'anno precedente, l'indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni”. I ricorrenti denunciano che il piano non contiene le indicazioni prescritte al comma 2 e che manca del tutto la relazione richiesta dal comma 3. Il comune replica sostenendo che il piano approvato contiene in realtà tutti i dati che sono prescritti dalla legge (sia pure in forma sintetica) e che la relazione non costituirebbe un elemento necessario ai fini della validità della delibera di approvazione del piano; in punto di fatto il comune ha inoltre evidenziato che le informazioni di cui i ricorrenti lamentano l’assenza sono in realtà contenute in una relazione datata 4 agosto 2014 elaborata dal dipartimento II ambiente la quale “seppur non adottata con la deliberazione consiliare, viene in essa richiamata”. Le argomentazioni dei ricorrenti sono fondate.

Se si esamina il piano approvato è agevole rendersi conto che esso non è un documento di tipo pianificatorio ma una semplice tabella riassuntiva dei costi del servizio, distinti in costi fissi e costi variabili, e con finale indicazione della incidenza percentuale di questi ultimi sul costo complessivo. Nella tabella non v’è traccia di alcuno dei contenuti che l’articolo 8 citato richiede per il piano e la relazione; non è in discussione quindi il problema della necessità o meno che vi sia una relazione, nel senso che si può senz’altro ammettere che la relazione formalmente manchi qualora i suoi contenuti siano rinvenibili nel piano; il problema reale è che per quanto il piano e/o la relazione possano essere sintetici essi devono contenere le informazioni che in base all’articolo 8 devono essere rinvenibili nel combinato del piano e della relazione approvati; nella fattispecie questi contenuti mancano e il comune non può invocare la circostanza che essi sono rinvenibili nella relazione del 4 agosto 2014 richiamata nelle premesse della delibera n. 56; tale relazione, infatti, non fa parte del piano approvato – come del resto si ammette in memoria – e costituisce quindi un semplice atto istruttorio; la circostanza, quindi, che nelle premesse della delibera venga richiamata la relazione del 4 agosto 2014 non rileva ai fini del rispetto delle prescrizioni dell’articolo 8, perché nella fattispecie non viene in rilievo un problema di sufficienza di istruttoria o motivazione (peraltro, trattandosi di un atto di pianificazione la motivazione non è necessaria) ma di corrispondenza al modello legale del piano approvato. In altri termini la legge prescrive che il consiglio comunale approvi un piano con allegata relazione che deve obbligatoriamente avere i contenuti minimi indicati nell’articolo 8; questi contenuti devono costituire l’immediato oggetto delle delibera (in modo che su questi contenuti possa svolgersi il dibattito consiliare), sicchè l’approvazione di una tabella riassuntiva dei costi fissi e variabili del servizio non può essere considerata equipollente all’approvazione di un piano (che di fatto non risulta essere stato sottoposto all’approvazione del consiglio comunale).

Ciò comporta, con assorbimento di ogni altra censura, l’annullamento della delibera n. 56 del 2014 e, per illegittimità derivata, della delibera n. 57. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati. Condanna il comune di Gaeta al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro tremila, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa

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