Le tematiche affrontate , la precisione dei dati , la lettura completa delle normative , le variazioni avvenute di corsa , hanno portato alla ribalta gli aspetti normativi di tutta la Regione Emilia Romagna , e in particolare anche di Castelvetro, nel settore dei RIFIUTI, RSU , rifiuti solidi urbani , e degli ASSIMILATI al RSU , cioè in particolare i rifiuti industriali , che molti comuni ,come si legge molto bene dalla tabella Castelvetro allegata, hanno utilizzato al fine di gonfiare i dati di RD , e che abbiamo spiegato in maniera esaustiva, nei lavori precedenti pubblicati sul nostro sito , voce ORSO.
Quindi avevamo visto giusto nell’ipotizzare un uso distorto dell’assimilazione , vedi sentenza TAR, nella quale l’eccessiva assimilazione Comunale ha di fatto espropriato di materia prima, l’imprenditoria del settore, fornendo al cittadino una immagine di virtuosismo inesistente, con il risultato di aumentare la somma dei due , Totali e Rd , in violazione palese dell’art 179 della 152/06 , Priorità, che vede come cardine la diminuzione dei rifiuti e non l’aumento , collocandoci con 665 kg/ ab al primo posto in Italia .
Castelvetro dal 2009 al 2017
Resteremo in attesa della risposta del Ministro , alla luce anche della Sentenza del TAR che ha obbligato il Ministero a stilare il regolamento per l’utilizzo della Assimilazione entro Luglio 2017 , che pare essere la riproposizione di quelle 4 righe stralciate nel 2011 dell’art 195/152/06 , e non si sa bene da chi furono stralciate , per ora , ma che erano chiarissime , i rifiuti industriali non sono assimilabili al RSU , ma lo sono quello di mense , spacci ,bar all’interno delle industrie, e che pare dalla bozza in approvazione e da articoli di stampa, escludere dalla assimilazione le Industrie superiori a 500 mq di superficie, ma non è ancora definitivo, a presto la sentenza .
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-16985
presentato da ZOLEZZI Alberto
testo di Venerdì 16 giugno 2017, seduta n. 815
ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. —
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . —
Per sapere –
premesso che: l'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella sua formulazione originaria, stabiliva che è compito dello Stato «la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, derivanti da enti e imprese esercitate su aree con superficie non superiore ai 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie non superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti. Non possono essere di norma assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico»; l'articolo 2, comma 26, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, ha eliminato qualsiasi riferimento assoluto ed uniforme a livello nazionale a tetti di assimilazione legati alla tipologia di attività esercitata ovvero alla superficie dei locali, delegando di fatto alle regioni qualunque forma di regolamentazione in merito; da fonti di stampa si apprende che, con sentenza n. 4611, pubblicata il 13 aprile 2017, la sezione 2-bis del Tar Lazio ha intimato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (di concerto con il Ministero dello sviluppo economico) di emanare entro 120 giorni il decreto volto alla definizione dei criteri suddetti; l'assenza di criteri per l'assimilazione dei rifiuti oggettivi e uniformi su tutto il territorio nazionale ha comportato e sta tuttora comportando una serie di storture nella contabilità dei rifiuti, fra cui una percentuale non veritiera di raccolta differenziata ed una produzione abnorme di rifiuti urbani a scapito dei rifiuti speciali, il cui dato risulterebbe di conseguenza sottostimato nelle regioni a più alto grado di assimilazione: a titolo esemplificativo, si cita il caso dell'Emilia Romagna, dove il calcolo dei dati di produzione dei rifiuti, raccolta, avvio a riciclaggio, smaltimento è interamente delegato ai gestori dei rifiuti, senza che, da parte dei comuni vi sia un'adeguata forma di verifica dei dati o di controllo sull'operato dei gestori. In particolare, nel comune di Castelvetro di Modena la percentuale fissata dall'articolo 205 del già menzionato codice ambientale sarebbe stata raggiunta, ad avviso dell'interrogante, tramite una assimilazione discutibile dei rifiuti provenienti dalle attività produttive –: se, in concomitanza con la definizione dei criteri per l'assimilazione dei rifiuti, il Ministro intenda assumere iniziative per ripristinare un tetto quantitativo e, in caso affermativo, se intenda differenziarlo in base alla tipologia di attività svolta e se intenda fissare un tetto alla superficie delle utenze non domestiche i cui rifiuti possano essere assimilati.