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Unione Terre di Castelli - Imprenditoria e associazionismo a confronto nel settore degli animali ab



Al fine di meglio comprendere la situazione attuale in merito all’affido o all’adozione degli animali recuperati nei territori della nostra Provincia, cerchiamo di comprendere se l’imprenditoria , che sia in forma privata o cooperativistica, in questo settore ,è l’arma vincente, oppure è uno strumento fine a se stesso.

Innanzitutto occorre stabilire delle priorità in materia che devono poi essere gli obiettivi del progetto, senza questi obiettivi , o se non si è d’accordo su ciò , tutto il discorso seguente non ha nessuna validità:

  1. Il canile è un luogo di sofferenza che può esistere solo in soluzione temporanea: al fine di trovar loro una casa con proprietari che possono dare amore e cure di cui ogni cane ha necessità.

  2. Ogni progetto in materia, con notevoli cifre che sono spese dalle Amministrazioni , deve essere volto alla riduzione o azzeramento del numero dei cani presenti, rendendo quindi il sistema delle uscite, superiore a quello delle entrate.

  3. In una società evoluta il canile non deve esistere : quindi l’obiettivo è trovare tutte le strade possibili nelle maglie legislative per azzerarlo

  4. Il benessere animale non passa dal canile. Ma nel canile il cane vive un dramma psico–fisico notevole, che può ripercuotersi per tutta la vita nel comportamento dello stesso.

  5. Ogni amministrazione deve programmare l’adozione di un progetto volto alla chiusura di tutti i canili esistenti , riducendo le spese e migliorando il benessere animale.

  6. Possono essere presenti solo strutture per la detenzione temporanea , che diventa permanente in quei casi estremi di aggressività nei confronti dell’uomo , e solo in quel caso la detenzione può prolungarsi fino a fine vita.

  7. L’applicazione diffusa del Microchip , la sterilizzazione di tutte le femmine, le agevolazioni economiche , sono gli strumenti che la normativa si pone al fine di non avere la presenza di canili .

La sostituzione dell’Associazionismo volontario, con la cooperazione , che altro non è che una diversa forma di imprenditoria , anche se sociale , apre degli scenari nuovi nel settore del mondo animale da affezione.

Il principale problema che si pone è certamente la DELEGA. Il sistema politico delega infatti alla imprenditoria, cooperativa in questo caso , la gestione di un intero settore che è in divenire. Si dovrebbero mettere in campo progetti applicando una normativa , la 27/2000 , che afferma chiaramente che al fine di evitare il sovraffollamento occorre agire con delle leve in materia di affido / adozione, che sono elencate brevemente nella stessa , ma che possono essere estese , con una precisa volontà degli amministratori locali .

Il confronto fra Associazionismo e Imprenditoria in questo settore, mette in luce obiettivi completamente opposti ,che andrò a cercare di elencare semplicemente.

La storia modenese dell’associazionismo ha visto in 40 anni brutte pagine con le varie storie delle eredità miliardarie, ( in lire ), dei ricorsi al TAR , delle querele , delle cause , delle separazioni , del frazionamento in varie “sottospecie”, insomma una pagina legata al benessere animale che spesso ha lasciato gli animali in condizioni pessime , (vedi il vecchio canile di Savignano , quello di S Cataldo , quello di Colombaro ), molti volontari lavorare in condizioni disagiate, e i Comuni spendere cifre enormi per risultati scadenti , ma soprattutto non tutelando il benessere animale (non mi riferisco certamente ai selvatici recuperati di cui invece abbiamo un ottimo esempio ).

L’associazionismo ha come unico obiettivo la cura , il ricovero e il benessere dell’animale , senza nessun fine di lucro, e si inserisce gratuitamente nella filiera di questo settore lasciando al gestore , il Comune in questo caso , o un insieme di comuni , i costi relativi alla struttura, alle utenze e a tutto ciò che comporta la gestione economica delle spese vive , caricando i cittadini di un costo , solitamente meno di un euro/cane /anno. (alcune provincie viaggiano con 0,40 euro) che al confronto con il sistema cooperativistico, appare estremamente vantaggioso .

Quindi l’associazione pare essere l’ideale strumento da adottare , in un settore come questo, nel quale il progetto che l’Amministrazione deve intraprendere, è mirato alla transitorietà della struttura canile , e l’associazione, in linea con i principi sopraelencati , è semplicemente il braccio di una concezione moderna in divenire , volta al superamento del canile, per attuare una politica di rispetto e benessere dell’animale, quindi un sistema MALLEABILE.

L’imprenditoria nel settore , d’altro canto , per sua stessa natura ,non è lo strumento maggiormente efficace, in quanto non può vedere nella transitorietà del canile ,un obiettivo che sia in linea con le normative Italiane , o con progetti volti alla eliminazione del canile , in quanto dovrebbe eliminare se stessa, quindi in palese conflitto di interessi, quindi un sistema RIGIDO.

La stessa delega ad un imprenditore , da parte dei Comuni o Unione degli stessi , del settore , svincolandosi completamente dalle responsabilità , crea di fatto una delega totale all’imprenditore , e deresponsabilizza gli stessi Comuni.. Non essendo piu' il Comune perno della politica in materia, contribuisce a fossilizzare il concetto Canile , e a renderlo di fatto eterno , senza intervenire in prima persona nel rapporto tra cittadini e animali , e quindi venendo meno a quegli obblighi comunicativi che sono il basamento dell’idea che il legislatore con la norma 27 ha cercato di esplicare , creando di fatto un irrigidimento della struttura irreversibile.

Il massimo della deresponsabilizzazione avviene ad esempio nell’Unione Terre di Castelli, quando si afferma di aver firmato "un contratto da 260.000 euro per 15 mesi con la Cooperativa, senza citare volutamente, il numero cani ospitati" , ma un contratto che tiene conto del servizio fornito , al pari di un fornitore della luce o del gas o dei rifiuti da smaltire. In questo caso si ammette in primis la incapacità di gestire il volontariato nel settore , si ammette che non si è riusciti a limitare , nonostante le cifre rilevanti impegnate , l’interesse da parte del gestore associativo , a detenere animali , con applicazioni arbitrarie delle legge 27 , il tutto al fine di percepire maggiori compensi dal numero animali presenti .

Il risultato è un contratto che se vogliamo fare un parallelismo potrebbe essere quello di firmare un accordo per il ritiro dei rifiuti senza interessarsi di quanti rifiuti vengono ritirati , quante ton/anno , quanti transiti /settimana etcc, un contratto che appare, a voler essere buoni , lacunoso .

Ma il danno maggiore che questa politica comporta è proprio rivolto alla STABILIZZAZIONE della concezione uomo / cane , relegando la figura del Comune a ruolo di semplice comparsa, che ha il solo scopo di elargire il compenso pattuito , diventando esso stesso, non il cardine del progetto adozione , benessere , tutela , affido , ma un raccoglitore di fondi stabiliti in forma semplice o associata dalla fiscalità .

Il fatto che l’imprenditoria cooperativa si sia impadronita in pochi anni della quasi totalità del settore RANDAGISMO , nella nostra Provincia , insieme ad altri settori come l’IMMIGRAZIONE , le TOSSICODIPENDENZE , LA PROSTITUZIONE , ha certamente risolto in parte le lotte intestine tra le varie associazioni del settore , ma ha creato un precedente anomalo: si è industrializzato il benessere animale , ed è stata creata una struttura economica sulle adozioni , ricoveri , etcc

Gli esempi che si hanno in altre provincie del Nord Italia , gestiti da associazioni di Volontariato , con obiettivi volti all’affido rapidissimo , porta ad avere strutture leggere con costi di euro 0,40 / cittadino, con presenza di un cane ricoverato in struttura permanente ogni 2200 cittadini, fotografando una realtà nettamente differente , con la precisa volontà delle Amministrazioni , che spesso delegano ad un Assessore al Benessere Animale, il compito di fungere da raccordo fra le varie Associazioni , o le ASL , Provincie e comuni .

In sostanza si sono rispettate a grandi linee le normative in materia , ma la fotocopia del modello emiliano è standard , rendendo ad esempio inutile quel comitato delle istituzioni che la legge 27 ha voluto come perno della programmazione provinciale ,e non comunale ,o di Unione di Comuni , in quanto solo la visione Provinciale, permette di avere la visuale della tipologia degli interventi , al fine anche di ridurre i costi e migliorare la programmazione per arrivare ad un livello di benessere animale elevato.

Un comitato svuotato dei poteri , che delega esso stesso alla imprenditoria cooperativa , è in sintesi un organo di programmazione che non programma, in sostanza un completo fallimento della politica in materia .

Appare quindi , concludendo , il mondo associazionistico , il vero strumento che si interfaccia con la volontà politica delle amministrazioni nel sistema del randagismo , in quanto non è fine a se stesso , ha capacità di adattamento , è volto alle modifiche legislative in corso , non trae profitto dal settore, e si esprime in quel terzo settore del volontariato che raccoglie la propria forza e si autoalimenta, anche emotivamente , proprio per l’assenza di strutture economiche istituzionali.

L’imprenditoria cooperativa in un settore di questo tipo fornisce certamente garanzie maggiori dal punto di vista dell’inquadramento normativo, ma ad oggi con le modifiche fiscali in atto, (questo non dovrebbe essere un problema) ma rende lo strumento fine a se stesso, e quindi eterno , in moto perpetuo, fossilizzando un sistema , e di fatto, deresponsabilizzando i Comuni , che invece devono essere il perno della vitalità del settore, in continua evoluzione , in quanto i veri strumenti comunicativi con la popolazione, al fine di creare la cultura del rispetto delle future generazioni, soprattutto nelle scuole elementari e nelle famiglie dei residenti .

Roberto Monfredini

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